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Segue aperitivo

Il diavolo veste Giger. L’eterna attualità dell’estetica biomeccanica

By 21 Dicembre 2024No Comments8 min read

Beyond Alien: H.R. Giger

 

5 ottobre 2024 – 16 febbraio 2025
a cura di Marco Witzig
Mastio della Cittadella – TORINO

Biomeccanico era Fernand Léger, il superuomo futurista, le donne-pistone di Francis Picabia, Hans Harp all’inaugurazione del Cabaret Voltaire, i collage di Hannah Hoch, i fantocci imbullonati di De Chirico, i tanzermensch di Oskar Schlemmer, l’attore di Mejerc’hold, gli impianti di Stelarc e le performance di Marcel-lì Antùnez Roca. Biomeccanica è anche l’estetica di Hans Ruedi Giger che chissà perché invece viene ignorato serenamente da tutta la critica d’arte. Forse perché la fusione tra corpo e macchina di Giger ha qualcosa di profondo e strisciante che gli altri non hanno: il terrore della contaminazione.

Il suo immaginario è qualcosa di mostruoso, infetto, invasivo, perfetto per i nostri tempi. È una fantasia di contagio, e Giger la trasmette così bene che è difficile da digerire. Nelle sue opere bracci meccanici si infilano nei corpi come tentacoli ma non è più un rapporto dialogico, un’assimilazione tra organico e inorganico, una protesi potenziante: sembra una violenza. Sono allucinazioni post-atomiche che mescolano la corsa al progresso tecnoscientifico a quella agli armamenti della Guerra Fredda, passando per la violazione della sacralità del corpo portata dall’ingegneria genetica. Quelli erano i tempi in cui Giger ha iniziato a lavorare, ma è incredibile come sembra ieri.

HR Giger, Testa di Alien, 1979
HR Giger, Testa di Alien, 1979
HR Giger, Testa di Alien, 1979
HR Giger, Alien-Ei III, 1978
HR Giger, Alien-Ei III, 1978 
HR Giger, Alien-Ei III, 1978 
HR Giger, Alien-Ei III, 1978 

Con la sua arte Giger ha espiato gli incubi che lo svegliavano di notte in una forma che coincide con le paure di tutta la contemporaneità. In questo gli è stato di aiuto H.P. Lovecraft, autore di romanzi dell’orrore a cui si è ispirata anche Donna Haraway per il suo Cthulhucene. Il contributo del solitario di Providence è talmente rilevante nella vita dell’artista da aver dato il nome anche alla sua raccolta più famosa, il Necronomicon (1977) che rievoca il libro di magia nera dell’”arabo pazzo” Abdul Alhazred, la finzione letteraria più riuscita di Lovecraft.

Leggenda vuole che sia stato proprio questo catalogo di mutazioni che è il Necronomicon a incantare Ridley Scott, dando inizio a una delle collaborazioni più riuscite della storia del cinema. In quell’essere transpecie che è Alien, Giger ha convogliato un immaginario talmente potente che ancora oggi, dopo la morte del suo creatore, molt* di noi hanno aspettato con ansia l’uscita di Romolus nelle sale.

HR Giger, Hieroglyphen, 2006
HR Giger, Hieroglyphen, 2006
HR Giger, Hieroglyphen, 2006
HR Giger, Hieroglyphen, 2006
HR Giger, Li II, 1974
HR Giger, Li II, 1974
HR Giger, Li II, 1974
HR Giger, Li II, 1974

L’aggancio con la letteratura occultista e la cultura di massa è anche ciò che probabilmente ha alien-ato l’artista dall’interesse della critica alta, qualsiasi cosa voglia dire. Perfino la mostra in corso al Mastio della Cittadella di Torino, pur curata da massimo esperto ed ultimo assistente del maestro Marco Witzig, è realizzata in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema e si apre con uno Xenomorfo gigante, un’adorabile tamarrata che sconfessa subito il proposito originario di mostrare H.R. Giger Beyond Alien – oltre la saga di Alien appunto.

Dietro una tendina bondage di catene di plastica, un omaggio allo zoccolo duro di fan metallari, il mostro che ha trasformato lo spazio in un luogo inospitale ci viene presentato in tutta la sua ambiguità anatomica: una creatura composta da un teschio umano oblungo, tubi di raffreddamento di una Rolls Royce e le labbra di Michelle Pfiffer, che se ne sta accucciata come un puma inferocito pronto a saltarci addosso.

Beyond queste gigionate instagrammabili il percorso della mostra segue un andamento tematico in 4 sezioni, in cui il visionario svizzero viene presentato nella sua infanzia di figlio di farmacisti, trascorsa tra oggetti non proprio adatti a un bambino come barattoli di sanguisughe e il celebre cranio umano che lui stesso cita sempre come motore delle sue deviazioni. Questo macabro background – a cui si aggiungono una formazione in design industriale e la passione per Salvador Dalì – negli anni ‘70 sfocia in decine di pitture all’aerografo che l’illuminazione pessima dell’allestimento rende ancora più misteriose e difficili da decifrare.

Sono le visioni tratte dal Necronomicon: cosce imprigionate da scheletri meccanici, code di serpente, maschere antigas, crani a forma di fallo, simboli indecifrabili, colonne di vertebre< mani a otto dita che avviluppano cose come una pianta infestante, gestazioni interspecie, idoli pagani; creature a metà tra ancestrale e mitologico che chiamano in causa non solo i sabba e divinità mostruose del Vicino Oriente antico ma anche precedenti illustri della storia dell’arte come Bosch, Piranesi, Escher.

HR Giger, Birthmachine, 1967
HR Giger, Birthmachine, 1967
HR Giger, Birthmachine, 1967
NYC III, Straight, 1981, Serigrafia, 70x100, HR Giger
HR Giger, NYC III, Straight, 1981
HR Giger, NYC III, Straight, 1981
HR Giger, NYC III, Straight, 1981

Casomai avessimo ancora dubbi che questo immaginario si sia sviluppato al di fuori di qualche vissuto disfunzionale, la mostra insiste raccontando la relazione con Li Tobler, giovanissima studentessa di recitazione che muore suicida dopo dieci anni di convivenza con Hansruedi sparandosi in testa con una delle pistole della sua collezione.

Le opere che ha ispirato – Li I, Li II…- riempiono una sala, ma la sua presenza sembra aleggiare anche in quelle dedicate alle mogli successive, in cui cavi d’acciaio, serpenti e curve femminili si fondono in un’estetica Art Nouveau impregnata di terrore della castrazione. Un dato che ci conferma che lo Xenomorfo in fondo non è altro che una femme fatale.

Accanto alla donna bellissima e disumana, a eros e thanatos, a rievocazioni della vagina dentata e del mostruoso femminile troviamo anche i Bambini atomici: individui glabri, pelati, con reminiscenze un po’ fetali e un po’ fasciste rannicchiati nel calcio di una pistola, pronti a essere detonati nel mondo con il loro equipaggiamento retrofuturista. In opere come Birthmachine l’artista convoglia tutto il disgusto per i contemporanei che aveva avuto anche Otto Dix ai tempi di Weimar.

HR Giger, Sydow-Zirkwitz Autoritratto, 1976
HR Giger, Sydow-Zirkwitz Autoritratto, 1976
HR Giger, Sydow-Zirkwitz Autoritratto, 1976
HR Giger, Il mistero del San Gottardo, 1992, particolare
HR Giger, Il mistero del San Gottardo, 1992, particolare
HR Giger, Il mistero del San Gottardo, 1992, particolare

A parte il rapporto di Giger con le donne e con le armi la mostra approfondisce soprattutto quello con la settima arte, denso di progetti accantonati: Poltergeist II, Alien3 e il grande adattamento di Dune sognato da Jodorowsky, una produzione della quale purtroppo restano a testimonianza solo gli storyboard, un modellino del tavolo e la sedia a dimensioni naturali del capo degli Harkonnen.

Più interessanti le tavole per Il Mistero del San Gottardo, che raccontano l’invasione della Svizzera da parte di creature mutanti con velleità nazifasciste, fatte di braccia e gambe cucite insieme. Un film mai realizzato che potrebbe però presto trasformarsi in realtà. Altrettanto plausibili le serigrafie Biomechanical dreamscapes, paesaggi biomeccanici in cui la fusione tra organico e inorganico raggiunge una scala ambientale tale da non renderli più distinguibili l’uno dall’altro.

Dopo un documentario ben fatto che viene direttamente dal Museo H.R.Giger di Gruyères la mostra si chiude con una sezione dedicata al rapporto di Giger con un’altra industria di massa: quella musicale, con cimeli che i giovani degli anni ‘90 e i loro genitori riconosceranno con affetto.

HR Giger, cover di Kokoo, album solista di Debbie Harry, 1981
HR Giger, cover di Kokoo, album solista di Debbie Harry, 1981
HR Giger, cover di Kokoo, album solista di Debbie Harry, 1981
HR Giger, supporti per i microfoni dei Korn, 2000
HR Giger, supporti per i microfoni dei Korn, 2000
HR Giger, supporti per i microfoni dei Korn, 2000

Nonostante tutto Beyond Alien riesce comunque a darti l’impressione che lo xenomorfo è veramente solo la punta dell’iceberg. In quello che Giger chiamava Realismo fantastico c’è l’ossessione per la possessione del corpo, per il corpo umano come host di un parassita, minacciato dall’estraneo, un estraneo che lo pervade. L’uomo alleva in grembo una tecnologia cieca e impenetrabile, mossa solo da aggressività.

I nostri corpi attuali, infettati dal virus, trasformati in dati da estrarre, perlustrati dalle macchine fin dall’interno, sono la materializzazione di quello a cui questo artista guardava con un misto di fascino e orrore già 30 anni fa.