Ormai i tempi sono maturi per parlarvi dei due soggetti che vedete in foto: si chiamano Neil Harbisson e Moon Ribas e a guardarli così sembrano una banale coppia di hipster, invece sono tra i primi artisti cyborg della storia. A dire la verità la Cyborgart (conosciuta anche con il triste nome di Cyborgismo) è un movimento che ha visto la luce già nel 2000, in Inghilterra, il paese con il tasso di noia più basso d’Europa. I fondamenti di questa nuova corrente sono ben sintetizzati già sulla home page del loro sito, che recita: “L’arte giace anche nella creazione dei propri sensi.”
Evitando la via dell’abuso di sostanze psicotrope, oggi la sensibilità umana viene plasmata preferibilmente in un senso, ovvero per amplificazione. In arte come in medicina, una volta assodato che la protesi può essere applicata al corpo umano non soltanto come pezzo di ricambio ma anche come mezzo per potenziarne le capacità (cosa che a mio modo ho cercato di spiegare qui), perché non provare a spingere oltre i limiti naturalmente imposti anche l’umano sentire?
Figli illegittimi delle mutazioni coscienti di Orlan, Harbisson e Ribas si sono rivolti alla cibernetica e al mondo del biohacking per modellare le proprie capacità sensoriali in modo personale. Sebbene le pratiche di hackeraggio del materiale biologico tramite impianti di dispositivi al silicio siano un argomento ancora poco popolare nei bar di provincia, nel mondo della medicina e delle nuove tecnologie ormai sono quasi una realtà consolidata.
Tralasciando pacemaker e protesi oculari, è sempre più consistente il numero di soggetti che ricorre all’impianto di microchip sottocutanei per ampliare arbitrariamente le proprie capacità. Questi congegni, grandi non più di un chicco di riso, sono già in produzione e potranno garantire diverse funzioni: dal monitoraggio dei dati corporei (pressione sanguigna, livelli di insulina e assorbimento dei farmaci) agli esami endoscopici non invasivi; oppure potranno arricchire il soggetto ospitante di capacità di cui altri non sentivano l’esigenza.
Un esempio lampante è quello dello scrittore Frank Swain, che grazie all’impianto di un sensore è riuscito a rimpiazzare la perdita dell’udito con la possibilità di captare un segnare wireless. Per non parlare di Kevin Warvick, che dopo essersi foderato di elettrodi e microchip oggi riesce ad aprire la porta di casa ed accendere il riscaldamento senza muovere un muscolo. L’elenco potrebbe continuare, ma bastano forse questi due esempi per sottolineare come l’ibridazione tra corpo ed elettronica – cosa che secondo Harbisson non è altro un’evoluzione naturale delle tecnologie indossabili – possa portare con il minimo sforzo ad acquisire doti paranormali.
Hannes Sjoblad, cofondatore dell’organizzazione di hacker svedesi Bionyfiken, gira il mondo in conferenza con un chip NFC impiantato nella mano, prospettando ipotesi ancora più sconvolgenti: a quanto pare i dispositivi sottocutanei possono essere anche un ottimo sistema di stoccaggio di dati e informazioni; bancomat, documenti d’identità, cartella sanitaria e perché no, magari anche l’abbonamento dell’autobus, presto saranno finalmente e letteralmente a portata di mano. Per la loro sviluppata immaginazione, non è un caso che i biohacker spesso si associno e si accompagnino agli artisti.
Gente come Neil Harbisson, che un bel giorno ha deciso di impiantarsi un’antenna sul cranio e ha convinto il governo di essere un cyborg. Il dispositivo che lo rende tale è collegato ad un software capace di captare le immagini e tradurle in frequenze audio, percepite dal cervello sotto forma di note musicali. L’opera sembrerà forse meno ridicola se si pensa che è stata progettata per permettere all’artista di superare una rara forma di disturbo della vista chiamata acromatismo, ovvero l’incapacità di distinguere i colori.
Il risultato di questo intervento è che oggi Neil è l’unico essere umano che può vedere la musica di Bach e ascoltare un quadro di Van Gogh. Da allora la sua specialità sono i Sound Portraits, ovvero una serie di ritratti di celebrità, dal Principe Carlo a Woody Allen, composti esclusivamente da suoni, e i Sonochromatics, dipinti in cui noti brani musicali vengono tradotti in immagini colorate. Qui sotto ad esempio potete vedere come apparirebbe Rehab di Amy Winehouse se fosse stata dipinta e non cantata. Non male, per uno che vede il mondo solo in scala di grigi.
Neil Harbisson, Amy Winehouse – Rehab
Neil Harbisson, Amy Winehouse – Rehab
Neil Harbisson, Amy Winehouse – Rehab
Neil Harbisson, Amy Winehouse – Rehab
Neil Harbisson, Amy Winehouse – Rehab
Moon Ribas vive nello stesso appartamento di Neil, e con lui condivide anche molte altre cose. Anche lei ad esempio è decisa a fare del suo transumanismo un’opera d’arte. Da più di tre anni infatti la Ribas può vantare un microchip impiantato nel gomito che le permette di percepire i terremoti in tempo reale. Collegato a un’app per smatphone connessa ai sismografi del globo, il dispositivo emette una vibrazione ogni volta che la superficie terrestre si assesta; una specie di deriva cyborg della filosofia new age della comunione con il mondo.
Oltre ad avere il vantaggio di svegliarsi nel cuore della notte in preda a delle specie di convulsioni, la Ribas ha deciso di sfruttare questo senso supplementare per realizzare delle performance in cui il pubblico può osservarla ballare a ritmo della terra che trema da qualche altra parte. Le coreografie sono dettate dalla magnitudo, la danza è sincronizzata sui movimenti della crosta terrestre. Oltre a potenziare notevolmente le sue capacità sensoriali e la sua empatia, il dispositivo le assicura anche una vena creativa illimitata, considerata la frequenza con cui si susseguono i terremoti sul pianeta.
Dal punto di vista etico i due artisti non ci vedono niente di male; sanno bene che resistenza e terrore vanno a braccetto con la comparsa di ogni nuova tecnologia e sono preparati ad ogni tipo di discriminazione. Le stesse polemiche hanno accompagnato l’avvento della televisione e della realtà virtuale, cose che oggi sono più comuni di uno spazzolino da denti. Per questo, affermano, anche per i circuiti integrati è solo una questione di tempo.
Mentre già si batte per i diritti dei primi cyborg, Moon Ribas auspica che la cibernetica possa permettere all’essere umano un contatto più intimo con la realtà che lo circonda. La vecchia diatriba tra biologia e tecnologia nel suo corpo è perfettamente superata. Provare i movimenti della crosta terrestre sulla propria pelle non è affatto qualcosa che ci allontana dalla natura, anzi permette all’uomo di connettersi ad essa in maniera più profonda, un po’ come succede in Avatar.
Non molto tempo fa ho cercato di rispondere alla domanda amletica: dove finisce il corpo? con un articolo in cui sostenevo non solo di non essere l’unica che se lo sta chiedendo, ma anche che il problema non è di ordine fisico ma sensoriale: il corpo non finisce dove inizia la pelle ma dove termina la sua capacità percettiva. A prescindere dall’utilità pratica dei loro impianti una cosa è certa: Ribas e Harbisson sono la prova vivente che oggi il corpo può arrivare dove vuole.